Professoressa, innanzitutto in cosa consiste il progetto “Catch-EyoU”?

“Catch-EyoU” è un progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020[1], che ha per tema la partecipazione sociale e civica dei giovani È iniziato nel settembre 2015 e ha una durata triennale. La ricerca coinvolge nove partner, ovvero sette università europee oltre all’Università di Bologna (coordinatrice del progetto) e il Forum Nazionale dei Giovani, che rappresenta le organizzazioni giovanili.

Scopo del progetto è comprendere i fattori che favoriscono la cittadinanza attiva europea dei giovani, attraverso la raccolta di dati empirici e l’elaborazione di raccomandazioni da sottoporre all’esame della Commissione, nell’ottica di aumentare la partecipazione dei giovani in una dimensione europea. A tal proposito voglio rimarcare il ruolo attivo del Forum Nazionale dei Giovani, una novità in uno studio coordinato dall’università, ma che si rivela in piena aderenza con lo spirito del progetto, che vede i giovani non solo come destinatari ma come partecipanti all’elaborazione di proposte.

“Catch-EyoU” si compone di varie parti: abbiamo condotto un approfondimento sulle politiche giovanili nei diversi paesi del consorzio e su cosa pensano i policy makers dei giovani e della partecipazione. Un altro work package si è focalizzato sui media (tradizionali e i social media), su come essi parlano dell’Europa e in particolare come i media siano usati dai giovani per rapportarsi in un’ottica europea.

Ci siamo concentrati anche sul ruolo della scuola, realizzando interviste con insegnanti e focus group con gli studenti per capire come la scuola può contribuire a formare dei cittadini europei. Inoltre abbiamo realizzato uno studio longitudinale proponendo un primo questionario -cui se ne aggiungerà a breve un secondo- a oltre 8000 giovani per sapere cosa pensano dell’Europa, come partecipano, ecc. Un altro work package analizza la partecipazione alle organizzazioni giovanili, per comprendere l’esperienza dei giovani “attivi” e cosa sostiene il loro impegno.

Infine, stiamo conducendo anche un intervento di promozione della cittadinanza attiva in una scuola di Parma e in scuole dei paesi del consorzio. Insomma, abbiamo seguito più strade per avere una visione più ampia del fenomeno. Ora siamo entrati nell’ultimo anno della ricerca: abbiamo già consegnato alla Commissione alcuni materiali, e sono già stati pubblicati sul sito del progetto i blue papers che includono sintesi dei principali risultati dei diversi work packages e le raccomandazioni, rivolte sia alla Commissione sia ai diversi stakeholders come i policy makers, il mondo della scuola ecc.

L’aspetto che ci ha colpito di più è quello attinente la relazione tra mobilità e identità europea. Come è stato realizzato lo studio e che risultati avete trovato?

Lo studio è basato sui dati del primo questionario distribuito un anno fa, in tutti i paesi del consorzio, che stiamo riproponendo alle stesse persone per realizzare uno studio longitudinale. In Italia, il questionario è stato proposto a un campione di studenti delle scuole secondarie, di età compresa tra i 16 e i 18 anni, selezionato nelle scuole dell’Emilia Romagna, e a un campione di giovani (fino ai 26 anni), di cui fanno parte studenti universitari di UNIBO, e giovani membri di organizzazioni reclutati dal Forum dei Giovani.

Quanto pubblicato comprende solo una piccola parte dello studio, quella in cui abbiamo esaminato come la mobilità risulti un fattore per sviluppare il senso di cittadinanza europea. Su questo tema non sono stati condotti molti studi scientifici, né in ambito psicologico né sociologico, e anche i pochi realizzati non offrono una visione coerente. In ogni caso, abbiamo misurato la mobilità facendo riferimento a uno dei pochi studi precedenti, che distingueva tra mobilità di breve (meno di 15 giorni) e di lunga durata (più di 15 giorni).

Così facendo, abbiamo dimostrato che è la mobilita in sé ad avere effetti positivi sul senso di cittadinanza europea, a prescindere dalla durata dell’esperienza. Avevamo richiesto di specificare i motivi del soggiorno, per permetterci di confrontare gli effetti delle varie esperienze; purtroppo abbiamo ottenuto poche risposte in senso quantitativo, non sufficienti per un confronto statistico valido. Per questa ragione nel prossimo questionario abbiamo aggiunto una domanda in cui chiediamo più esplicitamente se i ragazzi sono andati per un progetto Erasmus, Erasmus plus, per il volontariato europeo etc. In questo modo, dovremmo avere dati più precisi per valutare se è davvero sufficiente una permanenza di una settimana, perché ci sia un sentimento più marcato di cittadinanza europea. Ovviamente abbiamo accolto in maniera positiva la semplice relazione tra mobilità e identità, ma per un’analisi più raffinata dovremo aspettare il secondo questionario.

E secondo lei quali sono le indicazioni che la Commissione dovrebbe seguire con più urgenza?

In primo luogo, c’è un tema importante come quello delle disuguaglianze economiche, che impediscono a molti giovani di viaggiare e di partecipare ad esperienze transnazionali che si è visto favoriscono la costruzione di un senso di identità europeo. Riesce a partecipare solo chi ne ha già  l’effettiva possibilità: la Commissione dovrebbe offrire maggiori opportunità anche a chi ha meno risorse per favorire la partecipazione ad iniziative formative e culturali internazionali. Inoltre, si deve fare una valutazione sul sistema scolastico.

L’educazione alla cittadinanza dovrebbe avere un ruolo più importante nei  programmi della scuola secondaria superiore, ma gli insegnanti riscontrano molte difficoltà su questo versante. Molti di loro pensano di non avere la formazione, le competenze e il tempo per potercisi dedicare, anche perché oberati di altri compiti e attività, oltre della pressione della valutazione. Abbiamo condotto anche un’analisi degli strumenti tradizionali dell’educazione civica, ovvero sui libri di testo scolastici in alcune discipline fra cui la storia contemporanea, e abbiamo verificato come i testi non coprano i temi della cittadinanza attiva e gli stessi insegnanti non li considerano sufficienti. È necessario quindi un maggiore investimento anche in questa direzione, per poter aiutare i più giovani a sviluppare un interesse per i temi sociali e politici, che è presupposto per la costruzione di una cittadinanza attiva europea.

[1]Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione (2014 – 2020).

Prof. Cicognani is Full Professor at the University of Bologna and Coordinator of the Horizon2020 project “CATCH-EyoU” (2015-2018). This interview has been realised for you by the Bologna Office (Italy), part of our European Stars Programme. Photo by Dariusz Sankowski on Unsplash.